Canzoni dalla tradizione Sufi nell’album Dargah di
Tito Rinesi
di Giordano Casiraghi
Nuovo album
per Tito Rinesi che aveva esordito nei primissimi anni Settanta nelle
formazioni di pop italiano Living Music e Saint Just di Jenny Sorrenti. Una sua
esibizione con i Living Music è rintracciabile sul canale you tube: sono
impegnati al Festival Pop del Foro Italico. Successivamente Rinesi si dedica a
proposte da solista sviluppando un mondo artistico che, trattandosi di musica
strumentale, di volta in volta viene classificata come etnica, new age, world
music, etc. Dopo un paio di brani inseriti nella compilation Terra Italiana
(Les Folies, 1998) esce l’album Il tempo è circolare (Elextra, 1993),
quindi seguono altri album da solista e tante colonne sonore e raccolte. Ora
l’artista romano, forte dei suggerimenti del «collega» Franco Battiato,
si sta dedicando alla proposta di album composti da canzoni, come l’ultimo Dargah
(La Levantina Records).
Un disco che
sviluppa il mondo della musica sufi. Da quanto tempo ci stavi lavorando?
Nel concreto, ho ricercato, approfondito e scelto il repertorio a partire da
inizio 2019, ma dentro di me questo è un amore che nasce già una trentina di
anni fa, quando ascoltavo questi brani e ne rimanevo affascinato. Alcune
canzoni poi le avevo già studiate e cantate in piccoli concerti all’inizio di
questo millennio. E non è un caso che nella prima pagina del mio sito internet
c’è da sempre una frase di Farid Al-din Attar, il poeta persiano autore della
“Conferenza degli uccelli”, presentata in teatro da Peter Brook nel 1979.
Dove hai
cercato i materiali, su testi o musiche, sei rimasto fedele agli originali?
I testi e
gli spartiti di queste canzoni sono disponibili su internet, basta sapere dove
e cosa cercare. Ma è un mondo infinitamente ampio, e in questa ricerca mi sono
stati preziosi i suggerimenti e le proposte di amici e musicisti, appassionati
come me di questa tradizione musicale. La cosa comunque non è stata affatto
semplice, infatti ci sono di ogni brano, tantissime versioni differenti, sia
nelle parole che nelle melodie; tra queste, ho voluto scegliere le versioni più
diffuse, ma anche quelle che si prestavano meglio ai miei arrangiamenti.
Sono tutti
in persiano o ci sono altre lingue?
Nonostante
molti tra i poeti e i mistici Sufi (in primis Rumi e Attar) scrivessero in
lingua persiana (era la lingua colta dell’epoca), tutti i brani che ho scelto
sono in lingua turca; questa era la lingua del popolo, quasi esclusivamente parlata
e trasmessa oralmente, ma che, a partire dal 1200 circa, si andò sviluppando e
affermando sempre di più, particolarmente grazie al grande poeta e mistico sufi
Yunus Emre, che scriveva in turco.
Le musiche
sufi hanno tutte delle affinità o cambiano secondo i luoghi? Sono diverse da
quelle che vengono usate per accompagnare i dervisci?
Queste musiche sono ben diverse tra di loro, a seconda che provengano dall’una
o dall’altra parte del globo; basti pensare che esistono differenti tradizioni
sufi in Turchia, Iran, Albania, Bosnia, Iraq, Marocco, Tunisia, Pakistan – solo
per citarne alcune… In più, anche all’interno della stessa area geografica,
ogni particolare confraternita sufi ha sviluppato la musica secondo i propri
canoni estetici e religiosi, come ad esempio proprio i dervisci Mevlevi di
Konya, che si rifanno direttamente a Rumi, e che hanno sviluppato sia la musica
che la danza, con il rito del Sema.
Secondo la
tua esperienza quale è il modo migliore per predisporsi all’ascolto di questa
musica?
La prima cosa che posso suggerire a tutti è quella di ascoltare queste musiche
per un po’ di tempo, e con pazienza, senza giudicare; all’inizio non è semplice
avvicinarsi, perché vengono utilizzate delle modalità e delle scale musicali
diverse dalle nostre, e questo mondo ci può apparire un po’ strano e lontano –
a volte ci può essere anche una reazione è di estraneità, o di rifiuto. Ma, se
ci apriamo un po’ alla volta al mistero e alla vibrazione che questa musica ci
offre, ne saremo ampiamente ripagati.
Musica
tradizionale di origine mistica o come diresti?
E’
sicuramente una musica tradizionale, nel senso che ci arriva già dai secoli
precedenti l’anno 1000, e che fiorisce pienamente dal 1200 in poi,
principalmente nel medio-oriente. Ed è anche una musica che è molto legata al
misticismo islamico, cioè alla parte più protetta e interiore del messaggio
lasciato da Maometto.
La tua lunga
ricerca del sacro ti ha portato qui, ma oggi ti pare che non ci sia più
quell’interesse verso la world music che c’era decenni fa? Come riuscire a
interessare il pubblico?
Sì, ho
cercato il sacro nella musica di ogni tradizione e cultura, approfondendo
particolarmente il canto Dhrupad dell’India del Nord e le musiche dell’universo
Sufi, ma non solo. Anche nel canto bizantino e gregoriano ho trovato tanta
bellezza… Da queste ultime ad esempio è venuta l’ispirazione per comporre e
cantare il brano intitolato Resurrexi, che ha trovato l’apprezzamento di
Franco Battiato, insieme al suo suggerimento di dedicarmi molto di più alla
composizione di canzoni, rispetto alle composizioni esclusivamente strumentali,
che mi hanno occupato professionalmente negli ultimi decenni…
Hai potuto
fare qualche rappresentazione live? Qualora si potesse in che formazione ?
Sì, sono
riuscito a suonare questo repertorio in cinque o sei concerti, prima che
l’emergenza sanitaria bloccasse tutto. Il gruppo che presenta questo progetto
dal vivo si chiama “Dargah” (come il titolo del disco) e può suonare in
differenti formazioni, da un minimo di due, passando a quattro e anche a
formazioni più numerose, dipende dalle occasioni e dalle contingenze.
Vuoi dire
qualcosa dei numerosi collaboratori che hanno partecipato?
Al disco
hanno partecipato dieci musicisti, tutti bravissimi; ognuno ha contribuito con
delle tracce del proprio strumento registrate nel proprio home studio, e che
poi mi ha inviato per il mixaggio e la masterizzazione finale – e infatti si
può certamente dire che questo disco è stato un figlio del lockdown. Tra i vari
musicisti voglio comunque citarne almeno tre, che non a caso, potranno portare
con me queste musiche dal vivo, nella formazione del quartetto: in primis Piero
Grassini, che suona l’oud sia turco che persiano, e il tar; poi il suonatore di
ney che, secondo me rappresenta l’eccellenza in Italia per questo strumento, e
cioè Fabio Resta, di Bologna. Infine Flavio Spotti, di Modena, percussionista
di grande livello, ed esperto sia di musica medievale che medio-orientale.
O amore è l’unico brano originale in
italiano, avevi altri brani e ti sei contenuto?
Sì, questo brano fa parte di una serie di nuove canzoni, che sto sviluppando e
portando avanti per un prossimo futuro progetto discografico, con mie
composizioni in lingua italiana, comunque ispirate in qualche modo dalle varie
tradizioni orientali. Ho voluto includere O Amore (in persiano si
direbbe Hey Eshq) nel disco Dargah, un po’ come anticipazione di questo
futuro progetto, e un po’ come omaggio a Rumi, dalle cui poesie le parole di
questo brano sono state liberamente ispirate.
La musica che
hai suonato qui appartiene al mondo mussulmano. Come hai vissuto e valuti il
problema generato da frange estreme dei mussulmani che hanno seminato terrore
in occidente? Come spiegarlo?
Si può dire
che il sufismo è un po’ il “cuore” dell’Islam, e allo stesso tempo sentire che
è lontano mille miglia dalle istanze dell’estremismo islamico, come quello
dell’Isis. La violenza e il terrore non sono certo i valori portanti del vero
Islam, e in particolare i Sufi si sono da sempre contraddistinti per la loro ecumenicità,
tolleranza, e apertura alle altre religioni. Qui si tratta di comprendere che
esiste una religiosità che appartiene ad ogni essere umano, e che va al di là
delle singole divisioni e religioni.
Molte tue
musiche, oltre che pubblicate su dischi, sono andate a costituire delle colonne
sonore per documentari in tv. Come procede il lavoro in tal senso?
Ho
pubblicato negli anni circa una quarantina di dischi, e la maggioranza di
questi sono dischi di musica strumentale e di colonne sonore (principalmente
per la RAI, ma anche per Primrose e per Deneb). Molti dei brani contenuti in
questi dischi continuano ad essere scelti per documentari e reportages, e
trasmessi sia in Italia che in tutto il mondo, ma in questo periodo della mia
vita, sto seguendo il consiglio di Battiato, e mi sto dedicando tantissimo alla
voce (con dischi, concerti e seminari), e alla composizione di brani cantati.
Per entrare
meglio in questo mondo musicale che proponi, hai qualche consiglio in fatto di
libri e musiche per approfondire?
Questo mondo
è sconfinato, ed è un vero tesoro dell’umanità. Consiglio di cercare, di
allargare i propri orizzonti, di ascoltare musiche nuove… qualche nome nella
vastità di questo oceano: i testi di Rumi, di Attar, di Yunus Emre, di Yesevi.
Le musiche interpretate da alcune leggende, viventi o scomparse da poco: primo
fra tutti Nusrat Fateh Alì Khan, esponente della tradizione Qawwali del
Pakistan, ma anche Nezil Uzeh, Kudsi Erguner, Kardes Turkuler, Ghazal duo,
M.R.Shadjarian, Sharam Nazeri…
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